Qual è lo stereotipo? Gay esibizionisti che cantano canzoni, in playback, di cantanti donne, dalla vita più o meno tragica (e/o ridicola) in contesti di imbarazzante inadeguatezza.
Ecco noi ci siamo cascati dentro con mani e piedi. Con amore e perfidia, Stefano nella storica casa di registrazione (camera sua) in via Dei Bardi (Beh anche i Litfiba suonavano in Via Dei Bardi all’inizio..) ci ha fatti abboccare uno a uno e con destrezza ha tirato poi la lenza e c’ha fatto registrare le nostre perfomance canore al suo ottuagenario registratore multitracce, producendo dei cd che ci facevano sentire delle rockstar. Ma questa pletora, di finocchi avvocati, studenti, commessi, grafici, procacciatori d’affari, falegnami, guide turistiche, parrucchieri, attori, impiegati, pittori, medici, disoccupati, disigner, ecc ecc avrebbe potuto fermarsi a casalinghi ascolti con amici, il cui affetto trasformava tutto in ascoltabile.
C’è voluto a questo punto la nostra faccia tosta, a improvvisare davanti a queste povere anime, dei Sanremo mimati, delle invereconde sbuhate da Madame Royale. Prima nei salotti più ampi delle nostre magioni, poi nei locali accoglienti e amici di Azione Gay e Lesbica. Finché nelle ultime due edizioni, ospitati e supportati da un entusiasmo e una condivisione commovente dai ragazzi del nEXt Emerson, siamo finiti a tirar su scenografie, costumi, luci, fonica e quant’altro, per portare questa insopprimibile voglia di essere tremendamente meravigliosi davanti a un pubblico ancora più ampio che ha superato nell’ultima edizione di giugno i 500 spettatori.
Bene, ci siamo detti: adesso più di così non possiamo fare/pretendere. E così quando lo smisurato ego di ognuno di noi pareva appagato, il Florence Queer Festival, ci chiama e ci fa: “Saremo felici se foste voi a inaugurare la prossima edizione che si terrà fra gli stucchi e i velluti dell’Odeon”. Noi già eravamo in estasi perché su Vanity Fair, Mina aveva parlato con noi e di noi, attraverso la sua rubrica di posta, in maniera affettuosa (probabilmente perché, come candidamente confessava, non ci aveva mai ne’ visto, ne’ sentito). In più, ottenebrati dal riscontro di simpatia tributataci dalla comunità gay fiorentina (si fa per dire, i fiorentini, prima di dare soddisfazione si farebbero ammazzare…figuriamoci quelli gay..) abbiamo quindi, utilizzato questi momentanei (e probabilmente immaginari) feed-back positivi ricevuti, e deciso subito, incoscientemente, di abbracciare la causa del FQF, rispondendo a questa sfida. Nati e cresciuti nel brodo primordiale del “gay-canterino-inutilmente protagonista”, abbiamo deciso di dare questa volta, in questa occasione unica che ci è stata offerta, un calcio ai vecchi cliché, abbattendo gli stereotipi, decidendo di presentare un medley di canzoni dove andremo ad esprimere tutto il queer di cui siamo capaci.
Il Tronfamento del Noi.